giovedì 29 gennaio 2015

Fuori luogo

Giovedì. Casa libera. Il cane che dorme sul divano ormai da un pezzo. 22.47. Cena dei campioni, fatta con le mie tanto abili quanto ignoranti mani (MasterChef mi fa un baffo, gente). Stufa accesa, musica tranquilla, di quelle che ti guardano dentro. Non sto nemmeno a citare gli artisti, sono i soliti. Riescono a non rendersi mai monotoni, nonostante i ripetuti ascolti. Fuori il freddo si fa sentire.

Solo fuori?

E' uno dei grandi problemi interiori che mi assalgono ultimamente. Il sentirsi vuoto, perso. Esposto al gelo delle emozioni e dei ricordi che ormai sono lontani. Dopo Ghemon parte 50, "Places to go". La riproduzione casuale che ne sa più di me. Dopo gli anagrammi, le canzoni. Che fare? Andare?

Tentare?

Scrivere è una delle soluzioni, per far passare il tempo e l'amarezza in modo quantomeno interessante, talvolta piacevole e spesso inaspettato. Più scrivo, più mi piace giocare con le parole, intrecciare le sonorità, mi diverte. E pensare che è una cosa nata dal nulla, questo blog. Nato dalla noia, dalla necessità di una valvola di sfogo. L'avevo anche chiuso, ma col cavolo che mi lascio scappare la tranquillità che mi trasmette la scrittura.

Gioco, gioco e gioco: gioco con le parole, gioco con gli spazi, mi metto in gioco. Avrei forse dovuto farlo prima? Avrei forse dovuto essere paziente? Riflettere?

A volte speri talmente tanto in una seconda occasione, al punto da andartela a prendere. Lo farò, a modo mio, ma lo farò.

mercoledì 28 gennaio 2015

Altrove

Tutti pensano che il loro posto non sia qui.
Ora tutti cercano fortuna altrove.
Resta solo una cosa da fare, studiare e andare.
Oppure cercare di riformare il mondo in cui viviamo?
Ne siamo sicuri? Cosa vogliamo veramente da noi?
Trovare un lavoro, la serenità interiore?
O magari l'amore?

lunedì 26 gennaio 2015

Una volta sola

Si vive una sola volta, no? Tanto vale lasciarsi andare, lasciarsi cullare dagli eventi.
Non voglio più pensare, voglio solo avere delle emozioni, non importa di che tipo, non mi interessa. Ho voglia di sentirmi vivo, di arrabbiarmi, di essere felice, di sentirmi toccato nel profondo. Non importa come, né da chi. 

E poi, ho voglia di fare ciò che mi piace, ho voglia di sentirmi libero di compiere le mie scelte, di percorrere la mia strada. In questi ultimi giorni di soggiorno pordenonese, prima di tornare alla routine di andirivieni veneziano, sto riformando me stesso. Finiti gli esami, mi sono dedicato al mio essere un po' dandy, al mio piacermi e al mio voler ricercare il piacere in qualsiasi cosa. Sto facendo tutto con passione, ci sto mettendo tutto me stesso. E poco importa se mi vedi sereno o rilassato, poco sorridente o pensieroso, sappi che se sei una persona che vedo volentieri, hai una certa importanza per me, ti tengo vicina.

Non c'è molto da dire, se non che ora ho ritrovato una mia dimensione di tranquillità, ho messo a tacere i rimpianti, ho chiuso in un angolo quelle emozioni che sono ancora presenti in me. C'è chi dice che è una dote, questo mio sapermi ignorare. Io penso che lo sia, sì, ma che comunque ci sia un coefficiente di rischio e imprevedibilità che non so considerare e che non posso calcolare. Chissà se fossi qui cosa succederebbe. Se il destino lo vorrà, toccherà saperlo, Ma per ora, si vive come se oggi fosse l'ultimo giorno che ho.

 "E se si vive una volta sola, vivo col cuore in gola" 

venerdì 23 gennaio 2015

Sai che c'è?

Sai che c'è? C'è che ora veramente non so che fare, c'è che non so dove andare, c'è che non so che pensare.

Sai che c'è? C'è che avevo delle certezze miste ad insicurezze ed ora non ho niente e di fronte al destino mi sento impotente.

Sai che c'è? C'è che la vita spara forte e potente, ed io sono diverso da tutta 'sta gente, io valgo meno di niente.

Sai che c'è? C'è che voglio mettermi in gioco, anche se so che non costa poco, che bisogna insistere per vincere.

Sai che c'è? C'è che vorrei trovare un punto fermo, qualcosa che sia per sempre, una sicurezza in mezzo alla gente.

Ma io sono altro, devo trovare la mia strada, andare contro tutto e tutti per me. A volte ci penso, a come sarebbe potuta andare se non avessi scelto di essere me stesso. Solito conflitto interiore, risposte spesso differenti, ma esito uguale. Mi sono conquistato. Adesso devo trovare qualcosa, qualcuno, che mi interessi veramente.

Sai che c'è? C'è che devo andare via da qua.

martedì 20 gennaio 2015

Risposta a Marta Ughi - Dentro e fuori

Chapeau alla concezione del viaggio che ha Marta: devo dire che mi identifico veramente nell'ideale della partenza da lei espresso. Ritengo fondamentale l'esperienza all'estero, il viaggio alla scoperta di nuovi posti, o delle proprie radici magari dimenticate. A tal proposito, ad esempio, intendo andare in Spagna con qualche persona diversa dai miei genitori, per capire veramente da dove vengo. 

Il viaggio, deve essere fisico sì, ma sopratutto mentale. La mente deve poter crescere, aprirsi a nuove culture e nuove esperienze, maturare e abituarsi a visioni diverse da quella abituale. Personalmente, già abitare a Venezia è una grande esperienza, perché è uno sbocco sul mondo, una città internazionale, dove ciò che è evidente è la diversità delle persone che la popolano giorno dopo giorno, alla scoperta della cultura italiana e probabilmente di loro stessi.

Perché alla fine sono i gusti di ognuno di noi a renderci particolari, unici, a farci ammirare ciò che non colpisce gli altri. La partenza è l'inizio della conoscenza di sé stessi, ed è dalla conoscenza che si cresce.

Non si impara crescendo, ma si cresce imparando.


Piccola nota informativa: Marta Ughi e io ci conosciamo appena. Frequentavamo lo stesso liceo ma non abbiamo mai avuto un incontro di persona. E' stato molto interessante vedere come abbia condiviso con me i suoi pensieri e con quanta intraprendenza abbia voluto dire ciò che pensava. Invito chi ha il suo stesso coraggio a fare lo stesso, sono sicuro che ognuno di noi abbia qualcosa di importante da dire. 

lunedì 19 gennaio 2015

Le parole degli altri - Marta Ughi - "Partenza"

La parola "partenza" mi fa venire in mente tutto e niente.

La prima cosa che si pensa è l'abbandono di un posto per trovarne un altro. Infatti, il verbo 'partire' significa allontanarsi, per un tempo più o meno lungo, da un luogo per raggiungerne un altro.
Credo che l'errore più frequente che facciamo,sia quello di comprendere i fatti che ci accadono intorno in modo troppo superficiale, accontentandoci di darci una breve e concisa spiegazione, più per metterci il cuore in pace che per capire a fondo la questione. Come in questo caso.

La partenza è si, l'allontanarsi da un luogo che ritieni sicuro e protettivo, nel quale hai presumibilmente vissuto per un determinato tempo,ma nasconde e sottintende qualcosa di più profondo: la scoperta. Partire implica scoprire.
Scoprire significa far acquisire alla nostra mente concetti, nozioni, oggetti, luoghi che prima ci erano sconosciuti, e non è quello che facciamo quando salendo in macchina, in treno, in aereo, pensando alla strada ancora da percorrere, memorizziamo nomi di città e luoghi che prima ci erano ignoti? Si,nient'altro che questo.

Ho sempre ammirato quei viaggiatori temerari, che decidono il loro viaggio il giorno prima, che partono solamente con l' equipaggiamento indispensabile e una sana dose di avventura e vastità. Vorrei avere anche io il loro coraggio e la loro libertà.

Inoltrarsi in paesi nuovi, incontrare persone diverse, con le loro culture e tradizioni e abituarsi ad una routine che non è la propria significa aprire la propria mente a qualcosa e a qualcuno di sconosciuto, essere in grado di gestire la diversità, riuscendo ad estrarre da essa un potenziale per capire il mondo e ciò che ci circonda. In quanto partire determina l'incontro tra due diversità, che spesso non si vuole accettare, poichè ognuna è in grado di contagiare puramente e spontaneamente l'altra, o solamente,perché si ha paura di vedere riflessa la propria immagine in terza persona...?


Prima di tutto, la più grande scoperta che fai viaggiando è conoscere te stesso. 
E' quindi da considerare una ricchezza o un disagio?

"Mi piace"

Oggi tocco un aspetto decisamente spinoso e controverso della vita di ormai tutti noi.

Il tasto "Mi piace".

Leggevo un tweet ieri sera, che diceva che ormai siamo condizionati nel nostro giudizio su una persona con cui parliamo per la prima volta. Siamo condizionati dai mi piace, da ciò che condivide, da come si muove all'interno dei social network. E più è affine ai nostri gusti, più ci piace, più ci interessa.

Inutile dire che tutti noi razionalmente affermiamo di essere contro a questo sistema, ma io credo che vada così. E' quasi impossibile ormai distaccarci dal mondo virtuale per essere effettivamente realisti. Perché noi viviamo in funzione dei social. Non sono i social ad allargare i confini della realtà, ma è la realtà ad allargare i confini dei social. La tendenza, sciaguratamente, è questa. Siamo sempre online, sempre attivi, disponibili. Nascondiamo l'ultimo accesso solo per distinguerci e fare gli alternativi, per poter ignorare la gente. E poi non salutiamo per strada. Cancelliamo le foto se non prendono abbastanza "Mi piace", non ci limitiamo al significato che lo scatto ha per noi. Vogliamo essere acclamati. Accusiamo gli altri di fare le cose solo per ricevere consenso, e condividendo questi nostri pensieri, ne riceviamo a nostra volta.

Staccatevi dal mondo virtuale, staccatevi dall'eccesso di interesse verso qualcosa che deve essere uno svago, non una ragione di vita, non un elemento da cui dipendere. La realtà è molto più bella, i colori sono molto più nitidi se guardati dal vivo, lontano dagli schermi. Le emozioni sono molto più calorose dei "Mi piace". La vita, è un'altra cosa.

giovedì 15 gennaio 2015

Vie d'uscita

19.26. Aggiorno continuamente il sito dell'Università per questo voto di Storia del Giappone che non ha ancora visto la luce. Quello che però mi preoccupa di più, è il mio stato psicofisico. Oltre a essere stressato per la mancanza di sfoghi di tensione, sto attraversando un nuovo periodo di insicurezza. Mi trovo immerso in un marasma di avvenimenti, in cui faccio fatica a muovermi, e che mi toglie ogni certezza, al punto da non sapere nemmeno come comportarmi coi miei pensieri.

Forse isolarmi a studiare sarebbe la cosa giusta da fare, per respirare a sessione finita (mancano sette giorni), ma non ho più alti periodi di concentrazione e mi ritengo abbastanza capace di arrivare fino in fondo in maniere dignitosa senza chiudermi in camera per 15 ore al giorno.

Sono tornato a Pordenone anche per rilassarmi e prepararmi al secondo semestre. Sarà dura, ma a breve arriverà la primavera, fuori ma sopratutto dentro di me. Prima però, finiamo la sessione. Poi penseremo a riordinare i pensieri in testa. Devo ritrovare la serenità, anche a costo di andare dall'altra parte del mondo a cercarla. Devo trovare una via d'uscita.

martedì 13 gennaio 2015

Risposta a Giorgia Tenani - Stanchezza o noia?

Credo che la stanchezza sia una conseguenza della noia. E sono certo che Giorgia condivida questo aspetto della mia visione delle cose. Ricordi Volterra? Certo che ricordi, è stata la prima sessione del Parlamento Europeo Giovani alla quale abbiamo partecipato. E che sessione! Beh, abbiamo dormito pochissimo, e nonostante questo, siamo crollati solo a sessione finita, quando non c'era più nulla da fare. Non credi che sia questa, la stanchezza?

Alla fine, quello che piace,  non stanca mai. Quando smette di piacere, allora stanca. Almeno, questo capita a me. Quella sessione smise di piacerci perché si concluse. Altrimenti saremmo andati avanti a oltranza a stendere risoluzioni, a interagire con gli altri ragazzi provenienti da tutta Italia. Però PEG va avanti, e siamo ancora qui a coinvolgerci (si, anche tu devi partecipare!!) e a non mollare mai, a non essere mai stanchi!

E le pause? Le pause ci servono per assaporare i momenti belli in cui si lavorava duro e ci si divertiva nel medesimo istante. Servono a guardare indietro e a fare le cose col doppio dell'entusiasmo di prima! Servono a vivere a pieno la nostra vita! E poco importa se ci si addormenta in una vasca da bagno col giubbotto addosso, -vero Giorgia?- quello che resta è la crescita, è l'esperienza, è ciò che ci lascia il duro lavoro!

E voi, quando vi stancate? Noi, mai!

Le parole degli altri - Giorgia Tenani - La stanchezza

La stanchezza... strana sensazione la stanchezza! Ultimamente sentiamo moltissime persone dire: "sono stanco! Non ce la faccio più!" ma cosa vuol dire essere stanchi?
Stanchezza é quando nessuna parte del corpo risponde più agli impulsi, quando le membra diventano deboli e l'unico desiderio é quello di buttarsi sul letto a qualsiasi ora del giorno e chiudere gli occhi, senza pensare niente, é quando si scollega il cervello, e si dicono le prime cose che capitano; vuol dire non 'esserci' mentalmente e la nostra presenza diventa solo fisica e formale, per adempiere agli impegni che é necessario rispettare in questo mondo caotico che ci circonda, nel quale la vita non può essere che frenetica ed esigente. Non è solo un’inevitabile conseguenza dello straziante ‘fare il proprio dovere’, però, che arreca stanchezza; ci si può stancare anche con ciò che chiamiamo ‘dolce far nulla’. Come è possibile affermare un tale non senso? È vero, vediamo quella di oziare tutto il giorno l’unica via di fuga da una vita così stressante, ma non ci rendiamo conto, così facendo, che, nel momento stesso in cui occupiamo la mente con qualcosa che in realtà è vuoto di contenuti  e mentiamo a noi stessi autoconvincendoci che poltrire è tutto ciò che vogliamo, stiamo utilizzando una grande parte delle energie che ci sono indispensabili per sopravvivere alla stanchezza. Sprecare il nostro tempo tendendo verso quella che è un’apparenza di serenità, porta solo all’accumulo di agitazione –e l’agitazione è smisuratamente avida di energie-  e, quindi a ulteriore stanchezza. La stanchezza, quindi, non è solo qualcosa da additare a ciò che ci circonda, ma anche a noi stessi. Sembrerebbe non esserci una via d’uscita, ma a credo che nessuno aspiri a una vita cristallizzata in un’eterna spossatezza.

Tocca a noi smuoverci da questo torpore, e tutto parte dal nostro modo di porci..
Ognuno di noi reagisce diversamente alla stanchezza. C'è chi si lamenta fino a diventare una 'palla al piede', chi 'impazzisce' appare iperattivo e sprizza energia da tutti i pori perché é arrivato allo stremo delle proprie forze: é la cosiddetta 'follia', o 'ebbrezza da sonno' - che, devo ammettere essere il mio status quo dell'ultimo mese. Oppure c'è chi diventa lunatico e in un primo momento é felice, poi depresso e un secondo dopo ancora ride, urla, salta poi si risiede, pensa, piange; una situazione che si potrebbe in extremis definire di 'bipolarismo', ma che in realtà è dovuta all'esaurimento delle ultime energie rimaste in noi.

Spesso, quando si è stanchi, si dicono delle cose non ragionate e basate sull'impulso del momento.. negli improvvisi momenti di tristezza, si esprime la propria angoscia e la propria rabbia di getto, come sfogo, seguito a volte da un noncurante "chissene frega?" fino ad arrivare a riflette su ciò che si è detto e capire di aver agito in modo 'stupido' ed esagerato. C'è anche un'altra categoria: quella di chi obbedisce passivamente alle regole e agli ordini impostogli perché incapaci di reagire. Ci sono, inoltre, quelle persone che, per non pensare a questa stanchezza, tendono a isolarsi e chiudersi nel loro guscio, nel quale si sentono protetti e, qualora dall'esterno arrivi un approccio di qualsiasi tipo, lo percepiscono come un attacco da cui difendersi a spada tratta. C'è chi, infine, non vede l'ora di stancarsi e godersi a fondo la vita fino ai limiti del possibile..

Dopo molto (troppo?)  relativismo, ci sarebbe, secondo me, una conclusione comune a tutti, forse la più banale, ma anche la più difficile da ottenere: una PAUSA!
“Embè? Pause se ne possono prendere sempre” direbbe qualcuno. Legittimo. Ma il bello de LA  PAUSA sta nel riuscire a sfruttarla al meglio e spremerla fino a riuscire ad assaporarne anche l’ultima goccia come la prima; la parte migliore è poter rincominciare la vita frenetica dopo la pausa, con i soliti “sono stanco”, “non ce la faccio più”, ma con l’aggiunta di un sorriso e della consapevolezza che arriverà il momento di fare un’altra pausa , nella quale poter  fare tutto ciò che ci rende felici, realizzati e ci libera dalla pesantezza della stanchezza.

La vita è qualcosa di affascinante e anche molto complesso, impossibile da conoscere ma stimolante da analizzare e scoprite, come  fosse un puzzle formato ma milioni di pezzi, piccoli come schegge, che crescono di numero e si modificano tutti insieme in base alle nostre scelte e che, uniti e ordinati correttamente, formano un magnifico disegno, unico e, in qualche modo, rassicurante. La vita siamo noi, con le nostre mille ‘maschere’.

L’immagine della maschera è di Luigi Pirandello, ed è proprio con una sua frase che vorrei concludere:

“Quando tu riesci a non aver più un ideale, perché osservando la vita sembra un enorme pupazzata, senza nesso, senza spiegazione mai; quando tu non hai più un sentimento, perché sei riuscito a non stimare, a non curare più gli uomini e le cose, e ti manca perciò l'abitudine, che non trovi, e l'occupazione, che sdegni - quando tu, in una parola, vivrai senza la vita, penserai senza un pensiero, sentirai senza cuore - allora tu non saprai che fare: sarai un viandante senza casa, un uccello senza nido.”

lunedì 12 gennaio 2015

Per vincere bisogna convincersi

Quello che non riesco a capire è come la gente si fermi di fronte agli ostacoli. Ora, non sono un temerario guerriero vichingo che affronterebbe mari e tempeste per chissà quale memorabile impresa, ma io credo che nelle piccole cose, posti degli obiettivi chiari e concreti, si possa alle volte osare almeno un po', per raggiungerli.

Non ho particolari riferimenti, (o meglio, ne avrei, ma lasciamo perdere) ma io credo che in certe scelte si debba essere un po' egoisti, e pensare a cosa è meglio per sé stessi, nel determinato momento e nel contesto in cui si sta vivendo. E' forse brutto da dire, ma bisogna avere fame per arrivare nel posto che crediamo di meritare. Fame e ambizione.

Perché alla fine, la vita è una questione di priorità, e poco importa se bisogna fare dei sacrifici. Credo che la felicità dell'individuo sia più importante. Se poi si riesce a relazionare e condividere il proprio stato d'animo con la collettività, tanto meglio, ma la base siamo, e dobbiamo essere noi. Sono, e devo essere, io.

Questo sfogo non scaturisce da grossi accadimenti, alla fine questo periodo va avanti tra esami e spostamenti in treno, ma finirà entro una decina di giorni, speriamo nel migliore dei modi. Per ora penso solo allo studio e ad allenarmi, perché sto trascurando un po' troppo l'aspetto fisico, e devo scaricare un po' di tensione accumulata. Fortunatamente riuscirò ad allenarmi tutta la settimana, e a dare il mio pieno contributo alla squadra. C'è una salvezza da ottenere, ma bisogna essere convinti per vincere. Come nella vita!

Il bene sta nel domani.

domenica 11 gennaio 2015

Il piacere delle cose semplici

Di fatto, cosa vuole Arianna? Vuole assaporare i piccoli piaceri della vita, vuole sentire quanto sia forte quell'emozione, quel brivido che ti coglie quando ti lasci andare alle più pure e semplici emozioni.

Io credo che non sia una cosa da poco: ci vuole coraggio a non ricercare la sofisticatezza delle cose. E' difficile accontentarsi, ma sta proprio nell'accontentarsi che, parlando di emozioni e di piccoli piaceri, si vive la vita nella sua pienezza.

Credo che l'ambizione e il sentimento vadano e debbano andare di pari passo, senza che uno dei due aspetti prevarichi l'altro, perché è così che si può arrivare alla piena felicità. Così, stando in pace e totale armonia con sé stessi. E io credo che Arianna lo sappia, credo che abbia reso alla perfezione quello che pensa.

Infine, ho colto un certo istinto verso lo spostamento. Il viaggio è fondamentale, a livello interiore come nel mondo reale. La scoperta delle culture diverse, è un aspetto che affascina anche me, ecco perché ho scelto di fare lingue orientali. Via da qua, gente, via da qua. Il mondo ci aspetta, e bisogna assaporarne ogni sfaccettatura.

"Voglio solo questo, nient'altro."

Cosa voglio

Ho deciso una cosa, oggi e sempre.

Ho deciso che voglio vivere in un posto dove l'estate duri tutto l'anno, in cui si possa fare il bagno nel mare tutti i giorni e indossare sempre vestiti colorati.

Voglio iniziare le mie giornate lentamente, fare colazione con pane e marmellata sul davanzale di casa, a guardare fuori la strada che si riempie, le biciclette, la vita che comincia pian piano, anche oggi, e finirle nello stesso modo, con il tramonto, la spiaggia e una chitarra che suona mentre il sole bacia il mare.

Voglio custodire il tempo necessario per leggere, scrivere e sognare.
Per guardarmi intorno, ogni tanto. Contemplare il cielo.
Voglio avere il coraggio di tuffarmi dallo scoglio più alto e di dire quello che penso con lo stesso slancio. Voglio giocare, innamorarmi e correre.
Essere libera.

Voglio una casa con dei balconi rossi, da addobbare come se fosse Natale tutto l'anno, che profumi di vaniglia e lasagne appena sfornate, in cui poter camminare scalza senza sentire freddo.
Voglio colori accesi, profumi intensi e sapori vivi. 
Voglio poter ridere e piangere liberamente.
Voglio andare a fare la spesa in pigiama. Voglio fregarmene.
Voglio mangiare giapponese, messicano, indiano.
E cucinare una torta, perché tanto è l'unica cosa che so fare.

Voglio circondarmi di fiori e di persone vere. Bere il tè e il vino ogni giorno, anche insieme.
Voglio essere onesta senza paura e voglio persone oneste senza paura.
Voglio ballare e cantare e guardare le stelle. Buttarmi.
Voglio una piantina di basilico da innaffiare, e cenare sempre in compagnia.
Voglio una vita piena di musica, amici e respiri.
E, soprattutto, voglio assaporarne ogni istante.


 Voglio solo questo, nient'altro.

Arianna Formilli è la prima a decidere di pubblicare qualcosa nel mio blog. Questo è il suo punto di vista, voi che ne pensate? A breve vi farò sapere cosa ne penso io! Stay tuned, ci saranno altri pareri in arrivo, sui più svariati argomenti!

giovedì 8 gennaio 2015

Sfumature

Si, lo so, il titolo fa molto soft porn. Vengono in mente le sfumature di grigio, almeno a me. Ma il concetto che voglio esprimere è un altro. Voglio incentrare la mia analisi su quanto sia grande il divario che costituisce quella che secondo me è un'efficace macrodivisione del modo di pensare umano. Parlo del dualismo che coinvolge le persone oggettive e quelle soggettive. Mi spiego: succede un fatto. Non importa di che genere, ma questo si verifica.

Analisi della persona oggettiva, empirica. E' successo questo fatto, da ora mi comporterò diversamente, ignorando il passato e le circostanze che hanno potuto condizionare il fatto stesso

Analisi della persona soggettiva, analitica. E' successo questo fatto: perché? Hai delle giustificazioni? Era possibile fare qualcosa perché non si verificasse? Avrei potuto esserti d'aiuto?

Capirete bene quanto sia diverso l'approccio alle questioni da parte di due soggetti appartenenti a una diversa corrente di pensiero. E capirete benissimo a quale dei due piace la matematica. E capirete benissimo a quale categoria ritengo di appartenere io, in quanto non amante della matematica.

Non avendo l'intento di cambiare il modo di pensare a nessuno, volevo solo limitarmi a fare delle piccole osservazioni. La matematica è una legge, d'accordo. Ma i rapporti umani non si basano su leggi precise, a mio parere. E' dunque possibile essere oggettivi con le persone? Non voglio credere a chi lo fa. C'è sempre un aspetto emotivo, umano, sensibile, che va considerato e che intacca i rapporti. Anche se si tratta di un bicchiere di troppo, certe cose vanno capite. I danni sono gravi alle volte, ma trascendono e devono trascendere l'oggettività. Non siamo macchine, non lo siamo stati e non lo saremo mai. Siamo umani, e abbiamo sempre il potere, il diritto, ed il dovere di essere folli, di essere noi stessi. Abbiamo la possibilità di smentire la matematica. Perché nel nostro mondo, 2+2 può anche non fare 4. Siamo noi a dettare le regole dei rapporti umani, ricordiamocelo.

sabato 3 gennaio 2015

Dove tutto è iniziato

Ho concluso il 2014 esattamente dove tutto era iniziato: in riva al mare. Qualche volta, però, non basta tornare nello stesso posto per trovare le certezze di un tempo. Dopo una corsa in spiaggia, dopo la fatica, il sudore, dopo aver ascoltato il frastuono del silenzio, mi sono disteso sulla roccia che sembrava più accogliente, sotto il faro, alle tre del pomeriggio. Schiena al mare, ho guardato il cielo. Le onde si rompevano proprio alle mie spalle, e alle volte venivo bagnato da qualche schizzo d'acqua salata: quanto è speciale la natura, quanto era bello quel rumore, non lo posso nemmeno descrivere. Certe sensazioni, certe immagini, non hanno eguali. Ed è impossibile raccontarle, perché foto e racconti non sono mai abbastanza verosimili e toccanti quanto la realtà. 

Tornando a me, stanco e disteso sulle rocce, in quel momento ho ascoltato me stesso. Ho spento tutto, pensato all'anno appena trascorso e fatto un rewind di tutto ciò che ho passato. Ho sorriso, ho sorriso tantissimo, per ciò che ho fatto, per le persone con cui l'ho fatto, per le esperienze vissute. Ho poi cercato di capire cosa resta di quest'anno così bello, così frenetico, così intenso e così fallimentare allo stesso tempo. E beh, resto io. Quel che è stato ormai è andato, e non si torna indietro. In quel momento, ho capito che quello che devo fare è inventare un nuovo me. Trovare la mia strada, prima di portare qualcuno a fianco a me per percorrerla insieme. Deve essere una strada nuova, sicuramente tortuosa, ma di cui io devo essere convinto. Io credo in me, io voglio farcela e so che sarà così. Sono aggrappato alla speranza che ho in me, e non ammetto risultati negativi. Anche perché non sono uno che si piange addosso, guardo sempre avanti in cerca di una nuova sfida, in cerca di novità.

L'ultima sera poi, si sono raggruppate in un momento tutte le emozioni di questo fantastico viaggio, con degli amici splendidi, che sono e resteranno la mia famiglia, anche se dovessi smettere di camminare, di cercare me stesso. So che con loro ho sicuramente un posto dove stare, ho delle certezze, e non vanno perse, MAI. Certe volte andrà bene, certe volte meno bene, ma loro ci saranno sempre. E io ci sarò sempre, per loro.

Ecco, quello che mi ha fatto pensare è stato il contrasto tra questa sensazione di benessere dovuta a loro, e il mio sentirmi perso, senza una strada precisa. Questo contrasto mi ha fatto cadere in una tempesta di domande, ansie, preoccupazioni e timori da cui pensavo di essere fuggito, ma che si sono ripresentati e che stavolta voglio eliminare definitivamente. Con gli strascichi del passato, con le insicurezze, e con le paure, non si fa il presente. Figuriamoci il futuro.

Grazie a tutti voi che siete stati, siete e sarete i miei compagni di viaggio. Grazie, amici miei.

E che sia un felice anno nuovo per tutti quanti, vicini o lontani che siano. E soprattutto per me, che non so né dove, né chi sono.